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Foto dei ricordi

Fare pulizia nelle foto del telefono è sempre una cosa meravigliosa, per me.
Sono maniaca dei ricordi, non cancello quasi mai foto, biglietti, messaggi. Anche le foto sfuocate o storte (la mia specialità!) sono da tenere…raccontano i mille tentativi di fare una foto decente, di catturare proprio “quella” espressione nel volto di qualcuno o “quel” particolare momento. Non le cancello quasi mai.
In effetti, più che “pulizia” per me è una carrellata di flash, di giornate, di storie.
Di momenti, dai più importanti a quelli davvero più “banali”.
Ieri è stata una di quelle giornate in cui le vecchie foto mi hanno tormentato ed accompagnato moltissimo. Ne è saltata fuori una, di prima mattina e da lì, con una crepa al cuore, me ne sono guardate altre 100 durante le ore del giorno.
Due faccine piccole, di nemmeno un anno, sbucavano tutte imbacuccate dai loro “sacchi passeggino”, guardando il mitico “nevone” del 2012. Occhietti curiosi, capelli sparati per aria, sorriso meravigliato.
Le hanno riguardate anche loro due, quelle due “ex-faccine-piccole”, dall’ “alto” dei loro quasi 10 anni.
Ovviamente, come sempre, non si sono riconosciuti nelle foto (come succede a molti gemelli omozigoti, pensano sempre di essere l’altro…effetto specchio!).
Poi hanno iniziato a piangere. Angosciati, disperati.
Perchè?
Perchè non si ricordano di quei momenti, non si ricordano di loro “da piccoli”, non si ricordano dei pezzi della loro storia (come è normale che sia) e gli dispiace, li fa sentire “a metà”, incompleti.
Ed è proprio sfogliando le vecchie foto insieme a loro, stampandole, conservandole in mille backup diversi, che provo a fare questo importante lavoro: lasciargli una storia, anche quella che loro non possono ricordare.
Lasciare sparsi in giro, ma a disposizione, i pezzi mancanti di sé stessi, per dare un senso a tutto, man mano che crescono, si formano e si costruiscono.
Senza passato, siamo incompleti.
Senza tasselli che completino pian piano il mosaico, siamo destinati alla confusione, allo smarrimento, all’insicurezza.
Le nostre radici ci tengono piantati solidamente per terra, ancorati ad un terreno che conosciamo e da cui impariamo a prendere nutrimento, come dall’aria e dal sole che stanno invece in su, a sviluppare i nostri rami, la nostra chioma, il nostro presente ed il nostro futuro.
Abbiamo bisogno di tutto: le radici che stanno nei ricordi che abbiamo o sappiamo dove trovare, il fusto che ci sostiene e i rami che ci migliorano e ci fanno puntare dritti al cielo.
Non immaginate quanto sia importante, quel pezzo di passato che ci ha accompagnato nei primi anni di vita, anche se non ne conserviamo memoria.
Non immaginate quanto di “noi-oggi” venga proprio da lì, da quelle radici. Nonostante le belle chiome di oggi.
Raccontiamo sempre le storie, diamo un senso a ciò che succede, una consecutio, un nesso, un prima e un dopo, una causalità, una temporalità.
Non è sciocco…è fondamentale.
Costruire una narrazione rassicura, spiega, insegna.
E anche se a volte fa commuovere, per la mancanza di quel che è stato e ora non c’è più, ci dà la forza e la stabilità di sapere che c’era, c’è stato, ci siamo passati attraverso, ci ha lasciato nei pori qualcosa.
E su quel qualcosa, su quelle briciole di polvere che man mano abbiamo respirato e depositato sulla nostra pelle, diventiamo fusto, rami, chioma.
Per puntare dritti verso il cielo.
Ps: questo sarà il mio prossimo tatuaggio….aspettando con fiducia “chi” si deve occupare di prendere appuntamento……………………………….
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